02 Nov Giacomo Leopardi: “Contraddizioni”
Giacomo Leopardi: “Contraddizioni” ( a cura di Stelvio Di Spigno ) – Ed. Taut – 2023 – pag. 80 – € 10,00
Recensione a cura di ANTONIO SPAGNUOLO
Immergersi tra le numerose pagine dello Zibaldone di Leopardi è come un tuffo nei flutti di simboli, segnali, fulminazioni, lemmi, pensieri, metafore, punzecchiature, sentenze, aforismi, rivelazioni, lusinghe, illusioni, in un continuo alternarsi di frasi che hanno il fulgore della poesia tangibile.
Il tutto come una vertigine che accompagna il lettore nel tono serio ed intenso di un diapason che cerca di sottolineare ed incidere il significato occulto dell’esistenza quotidiana. Stelvio Di Spigno, da buon speleologo, ha voluto mettere in evidenza alcune delle pagine di questo monumentale diario, particolarmente incisive per il ruolo di filosofo e pensatore del grande poeta, e le ha pubblicate con una scelta acuta ed accurata, realizzando un volume elastico e coinvolgente . “Ho notato– suggerisce Di Spigno – che c’erano dei frammenti di pagina che nessuno cita e quasi nessuno legge, che danno di Leopardi un’immagine inedita: quella del filologo (che è proprio sua) che adotta la filologia per parlare di argomenti filosofici. Ho scelto i frammenti filosofici per i quali lo Zibaldone non è conosciuto, leggendo oltre 10000 di questi frammenti. La filosofia di Leopardi muta nel tempo ma è sempre filologica e pessimista.”
Antologizzando frammenti “peregrini”, in cui si parla praticamente di tutto, egli è stato abile costruttore per accrescere la conoscenza dello Zibaldone e di Leopardi, e per capire anche quanto abbia potuto incidere il poeta stesso nella evoluzione della scrittura contemporanea.
A distanza di ben due secoli dall’uomo contemporaneo, che ancora annaspa fra i dubbi e gli interrogativi, ecco pagine limpidamente attuali, che cercano semplicemente una interpretazione del mondo, come espressione binaria di conoscenza e di immaginazione. Consapevole dell’immensità cosmica in cui è immerso il nostro piccolissimo pianeta, e della dispersione alla quale è sottoposto, il poeta poggia il suo vasto patrimonio culturale sulla probabile sperimentazione della parola che forgia la realtà.
A volte Leopardi scava nella psiche per estrapolare i fantasmi che nel nostro subconscio tessono i fili della conoscenza, dell’improbabile credo e della “contentezza del proprio essere e del proprio modo di essere”. A volte gioca con momenti luculliani, “nel tempo del simposio propriamente detto cioè della comessazione, ossia di una compotazione”, suggerendo i tempi pre o post prandiali più adatti alla conversazione. A volte indaga negli abissi della politica, del vivere sociale “e siccome la natura non si può mai vincere, perciò vediamo che niuna repubblica, nessun istituto e forma di governo, niuna legislazione, niun ordine, niun mezzo morale, politico, filosofico, ecc. è mai bastato né basta né mai basterà a fare che la società cammini come si vorrebbe.”
Il diapason della scrittura diviene fenomenologia delle scelte, che assecondano le impennate della mente con toni ora lievi, ora incisivi, in un peregrinare introspettivo, che dal silenzio affiora agli spazi di solitudine, ammirazione, meraviglie, incanti, dramma dell’armonia.