30 Apr Fiori di pane rosso
La porta dell’inferno
è spalancata.
Il vento soffocante
che viene dall’Est
porta con sé le dune
rubandole al deserto.
Soffia, urla,
niente lo ferma.
Riah Azpar corre.
Alita zolfo e piombo
sputa potassio e sodio.
Le nuvole squarcia.
Arde la terra
e l’erba si fa polvere giallastra.
Vento, vento, vento.
Vento giallo della vendetta.
Occhio per occhio,
morto per morto.
Riah Azpar corre
e scarabocchia
con la penna rossa
inguaribili piaghe.
Palazzi sdraiati.
Uno sull’altro
senza fondamenta.
Travi piegate.
Letti schiacciati.
Barelle senza ruote.
Bambole accecate.
Pelouche bruciacchiati.
Scarpe, scarpette, scarpe.
Strade e vite cancellate.
Fiamme, fiamme, fiamme
indomabili fiamme.
Muri di fumo.
Fumo di muri
e polvere, polvere, polvere
che vola a mulinello
e impasta sangue e fango
e pianti e imprecazioni.
Notti di lampi e tuoni.
Senza fine.
Cielo graffiato
da bombe che si fingono
stelle cadenti
che cancellano
tetti spioventi.
Riah Azpar
vola tra cimiteri improvvisati.
Chilometri di buche
scavate con le mani sanguinanti
tra macerie fumanti.
E senza mai fermarsi,
senza tregua,
sbriciola e mangia ossa
rubandole a ogni fossa
nelle quali dormono,
immobili nell’ultimo, inutile sospiro
e gli occhi fissi verso il cielo basso,
mille tra mille e mille
vegliati da chi resta.
Il pane non si trova.
L’acqua non si trova.
La vita non si trova.
E correre, correre, correre
saltando e calpestando
senza guardare in basso.
Correre, correre, correre.
Con altri disperati.
Verso l’incrocio
di strade cancellate.
Un giorno e una notte.
Fermi ad aspettare
quello che non arriva
e deve, deve arrivare.
Un giorno e una notte.
Fermi, col mare dietro
che lancia onde altissime
a forma di drago giallo
e vomita pesci grigi
sulla spiaggia nera
come le nuvole
che nascondono il giorno.
La notte è fredda
ed il mare
canta lamenti antichi:
“Non te ne andare”
La notte e fredda.
“Non te ne andare”
La notte non passa mai
“Non te ne andare”
E sembra che pianga il mare.
Poi l’alba il nulla risveglia.
Sull’ultima striscia di sabbia
il sole sbadiglia annoiato,
la fame ritorna, si sveglia.
Il vento riaccende la rabbia
e niente, nessuno è arrivato
Poi, là, dove c’era una scuola,
e ora l’unico albero in piedi.
Un camion
verniciato di ruggine di vento.
Avanza lentamente
come un miraggio scaduto,
Lanciano sacchi bianchi di farina
e bottiglie di acqua pulita.
Braccia, braccia, braccia
alla conquista di un isola di pane.
Prendi, conquista, prendi.
E corri, corri, corri
Tesoro stretto in spalla
corri, corri, corri.
E spari, spari, spari
Stringi il tuo sacco bianco
non lasciarlo.
Corri, corri, corri
in terra, in terra, in terra
a terra…
Il fango è bianco e rosso
è bianco e rosso il fango,
il ferro ed il cemento.
Domani sulla Striscia di Gaza
e sulle Strisce del mondo
spunteranno fiori di pane rosso.
Un immenso prato
di fiori di pane rosso.
- La ‘strage della farina’ a Gaza, 29 febbraio 2024