25 Apr 25 Aprile: le ragioni di un nuovo impegno
In poche ricorrenze del 25 aprile ho sentito ripetere come quest’anno che la Festa della Liberazione è una festa di tutti. È vero, ovviamente. È la festa della restituzione della libertà in Italia ed è la festa della lotta per difenderla e per conquistarla, dove ancora non c’è. Questa sottolineatura è il prodotto dell’enorme clamore seguito alla censura del monologo di Antonio Scurati, pagina nera del dominio della destra post-fascista sul servizio pubblico.
È una festa di tutte e di tutti, prima di tutto per ricordare chi si è battuto, anche con la vita, per liberare l’Italia dal nazifascismo, per abbattere la tirannia che aveva condotto il Paese in guerra a fianco di Adolf Hitler e per riscattare l’onore della patria.
“Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce”: così Giuseppe Ungaretti ricordava i martiri della Resistenza. Perché tutti avessero per sempre gli occhi aperti alla luce. Anzitutto dobbiamo coltivare la memoria di quella lotta, scrollandoci di dosso il revisionismo a-fascista che dalla metà degli anni ‘90 del secolo scorso ha generato una coltre di nebbia sulla lotta partigiana e sulla Costituzione antifascista.
Si può e si deve farlo in modo innovativo, toccando il cuore delle giovani e giovanissime generazioni che quella storia la vogliono conoscere.
In secondo luogo, la libertà conquistata va difesa. Non penso neppure io, come ha detto in queste ore Massimo Cacciari, che il fascismo sia alle porte. Ma penso che gli eredi del fascismo repubblichino e del Movimento Sociale siano oggi al governo e che cerchino, come ha scritto Scurati, di riscrivere una parte almeno di quella storia.
Gianfranco Fini, quando fondò Alleanza Nazionale, fu molto più coraggioso di quanto sia stata poi Giorgia Meloni nello strappare con la tradizione fascista in senso liberale. Oggi non è così. Il mix di populismo salviniano-meloniano ha bisogno di lisciare il pelo agli ultrà delle curve degli stadi, a Casa Pound e agli altri gruppi fascisti. La libertà oggi va difesa dagli ottusi censori, dall’occupazione di ogni spazio televisivo, dall’allontanamento dalla RAI di professionalità importanti, spingendole a buttarsi nelle braccia di una grande multinazionale americana che intende impadronirsi dell’informazione e dell’intrattenimento televisivo.
La libertà della Cultura va difesa da chi pensa, come ha detto Luciano Canfora, che la storia non si querela, ma si studia. Oggi la libertà è minacciata dai nuovi poteri digitali globali, che controllano le vite di tutti noi, che minacciano i diritti sociali di chi lavora, puntando alla massimizzazione del profitto imponendo tempi e condizioni di lavoro dettati da infernali algoritmi. Liberare le nuove tecnologie digitali – straordinaria opportunità di crescita dell’umanità, di uguaglianza e di giustizia – da questo dominio è una delle frontiere della lotta per la libertà. La chiave di volta, come ho avuto modo di scrivere e dire in questi mesi, deve essere un’energia nuova che possa aprire le porte ad un socialismo digitale vivo, strutturato, plurale.
Infine, sull’onda del grande successo globale di Bella Ciao, diventata nell’era della tv streaming e della musica liquida inno universale di liberazione, il 25 aprile oggi è anche la lotta per chi la libertà non l’ha conquistata, a partire dal popolo palestinese.
Fermare la guerra a Gaza, riaprire il dialogo con quella parte importante di Israele che non condivide la politica di distruzione del Governo di quel paese, affermare l’idea che la libertà dei palestinesi è condizione della libertà degli israeliani, e viceversa, questo è il nostro 25 aprile.
È la lotta contro la guerra e la sua logica, nell’Ucraina martoriata da Vladimir Putin e dai nazionalismi, e in ogni altro angolo del mondo. È la lotta per la libertà delle donne e dei giovani iraniani, e di chiunque nel mondo si batte per i propri diritti. Fratelli tutti, ha scritto Papa Francesco. Questo era il valore più importante che le ragazze e i ragazzi del ‘43, del ‘44, del ‘45 sentivano nel loro animo.
Ora che l’Umanità rischia un conflitto generalizzato, addirittura nucleare, dobbiamo fare di quel valore – come con Malacoda cerchiamo di costruire sul terreno della cultura e della battaglia delle idee – la ragione di un nuovo impegno.