Best seller due volte. L’Elegia americana di J.D. Vance

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di Aldo Premoli

Tim Walz, il governatore del Minnesota, designato vice da Kamala Harris il 6 agosto scorso all’apertura della sua campagna elettorale ha utilizzato il termine weird traducibile con “strano” forse “inquietante” per riferirsi al duo Donald Trump e J.D. Vance. Riferendosi in specifico a Vance ha aggiunto con sarcasmo: “J. D. Vance  (…)  come tutte le persone “normali” cresciute nel cuore di  questo paese ha studiato a Yale, la sua carriera è stata finanziata dai miliardari della Silicon Valley e ha scritto un bestseller dove getta fango sulla sua comunità di origine”. Concludendo con un “Ma per favore…!”

Qui interessa la nota ironica circa il bestseller di Vance Elegia americana, un’opera che tutti quanti, prima della designazione dell’autore a vice di Trump si sarebbero ben guardati dal condividere in un contesto del genere. Sulla fascetta esterna dell’edizione italiana ad esempio trionfano alcune citazioni di illustri commentatori nostrani. Quella di Concita De Gregorio recita: “un libro molto interessante, molto ben scritto. Cercatelo”. Un’indicazione che è impossibile non condividere. È ben scritto? Poco importa. Quel che importa è che si tratta di una lettura a suo modo tragica. Netflix ne ha fatto un film diretto da Ron Howard, che però travisa il vero portato dello scritto.

Elegia Americana è un memoriale in cui l’autore racconta la sua infanzia povera nella regione degli Appalachi; gli abusi e le dipendenze che hanno in seguito pervaso la sua vita in Ohio; infine il riscatto ottenuto attraverso la permanenza nel Corpo del Marines, la laurea in giurisprudenza ottenuta nella prestigiosissima Yale University  e le nozze con la bella compagna di corso Usha. Detto così parrebbe l’ennesima  variazione del tipico sogno americano. Ma si tratta di ben altro. Pubblicato nel 2016 poco dopo la vittoria di Trump Hillbilly Elegy: A memoir of a family and culture in crisis – questo il titolo originale dell’opera – viene immediatamente considerato una guida per comprendere la condizione degli elettori bianchi e della classe operaia della Rust Belt, determinanti nella prima elezione di Trump appena accaduta. Diventa un bestseller e viene benedetto anche dall’ultra democratico New York Times.

All’epoca, Vance però considerava Trump in modo assai diverso da quel che ci si potrebbe aspettare oggi: lo aveva definito “idiota”, “Hitler d’America”, “disastro morale”. Molte cose sono cambiate da allora. Vance nel frattempo è stato eletto a rappresentare l’Ohio al Senato nel 2022, dopo aver ricevuto l’appoggio di Trump e il sostegno finanziario del miliardario Peter Thiel.

Otto anni dopo il libro è di nuovo in cima alle classifiche e la trasposizione cinematografica è nella top 10 dei film più visti su Netflix negli Stati Uniti. La curiosità intorno al personaggio, anche fuori dagli Usa, in vista delle prossime elezioni è più che legittima. Ma il cuore di questo racconto, la sua rivelazione più profonda sta nella profonda tristezza che accompagna il personaggio di Vance anche quando sente di essere riuscito a superare i traumi della sua crescita. Trami che lui stesso elenca così a p. 220 dell’edizione italiana:

Essere insultati, offesi o umiliati dai genitori

Essere spintonati, strattonati o colpiti con qualche oggetto

Avere la sensazione che i propri familiari non si aiutino a vicenda

Avere genitori separati o divorziati

Vivere con un alcolista o con un tossicodipendente

Vivere con un depresso o con una persona che ha tentato il suicidio

Vedere una persona cara maltratta fisicamente

Traumi che gli hanno provocato e continuano a  provocargli “stress, tristezza, paura, ansia, intense”: lo confessa a p.218.

Nel libro l’autore ritrae se stesso come il prodotto di una classe – ma parrebbe delinearlo come un gruppo etnico – ben identificabile: bianchi di origine scozzese o irlandese, credenti, armati, con nessuna fiducia nella Giustizia o nello Stato. Uomini e donne capaci di fare a pugni ma alla fine piagnoni, sempre pronti a prendersela con qualcun altro, per lo più con il “Governo”, per qualsiasi difficoltà incontrata. Padri di famiglia capaci di grandi racconti sulle proprie fatiche lavorative, ma in realtà spesso propensi a vivere con gli aiuti provenienti dalla previdenza sociale. Dei looser (così li definisce lo stesso Vance) segnati dalle profonde ferite psicologiche inferte dall’ambiente di provenienza.

Ora, la parabola esistenziale dell’autore indicherebbe in lui un caso di successo, uno dei pochi che da quel pentolone avvelenato è riuscito a uscire. Se non fosse che è lo stesso Vance a rivelare come il suo equilibrio psicologico dipenda piuttosto dalla pazienza della moglie Usha che da se stesso.

Qui però non stiamo parlando di un caso clinico, ma di un tipo just weird passibile di divenire vicepresidente della più grande potenza economica e militare del mondo.


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