09 Giu Cura è cultura
di Simone Oggionni
Talvolta anche la cronaca sembra raccontare la storia. La cronaca è nera e la storia è quella di un Paese gravido di ingiustizie. L’ultimo caso di femminicidio, l’ultimo caso di violenza omicida maschile, quello che ha travolto Giulia Tramontano, la ragazza incinta al settimo mese uccisa a Milano da quello che era stato il suo fidanzato, lascia in bocca davvero un sapore amarissimo e disperato.
La vicenda di questa ennesima ragazza privata della vita, derubata del futuro, da parte di maschi idioti, cresciuti con un senso ignobile di proprietà e possesso, fa riflettere su quello che siamo.
Disperati, svezzati con il latte del patriarcato. E più siamo fragili e più mostriamo i muscoli e, talvolta, persino i coltelli.
Occorrerebbe un grande progetto di cura delle relazioni umane, delle relazioni tra i sessi e tra i generi, delle relazioni con la natura. Perché la storia del Paese gravido di ingiustizie è anche la storia dell’esplosione esponenziale di eventi climatici estremi, a partire dagli allagamenti da piogge intense, che sono conseguenza del nostro modello di sviluppo, e di un dissesto idrogeologico che è lo specchio di ciò che non funziona nella cura e nella salvaguardia di quel filo (anch’esso sottile, delicato, fragilissimo) che unisce l’uomo e la natura. Per non parlare di ciò che dovrebbe scatenare nella società un vero e proprio istinto di rivolta: i salari che sono bassi, il lavoro che non c’è, i servizi sociali che sono sempre meno universali e sempre più intermittenti. Per tacere, infine, della ingiustizia più immonda, la guerra, in nome della quale si sacrifica tutto: le vite, il buon senso, per molti la dignità. Per fortuna che Papa Francesco e la Chiesa, con la missione del Cardinale Zuppi, fanno quello che avrebbe dovuto e dovrebbe fare l’Europa. Mediazione diplomatica e non compravendita di armi, negoziato e non affari per la ricostruzione.
Ma questo grande progetto di cura, di giustizia, di pace e quindi di trasformazione non si vede all’orizzonte della politica italiana. La sinistra latita. Si manifesta in forme rapsodiche, de-strutturate. È priva di un progetto, di una cultura politica, di forme organizzative che parlino insieme ai volti e alle masse, che facciano apparire la politica qualcosa che si interessi della vita e dunque che interessi la vita di tante e tanti. Come Giulia da salvare e il suo aguzzino da redimere, come i troppi che finiscono sott’acqua, a Cesena come nella società che non aspetta, che non paga abbastanza, che non rispetta.
Quei ragazzi e quelle ragazze con gli scarponi nel fango, un po’ come dopo l’alluvione di Firenze del 1966, ci ridanno qualche speranza. In quelle pale nella melma c’è la possibilità di un riscatto, di rimettere in piedi la vita delle comunità e anche dell’arte, dal Teatro Rossini di Lugo, il più antico teatro comunale dell’Emilia-Romagna sommerso dall’acqua, alla Chiesa di San Francesco con il suo coro ligneo e la sua pala inzuppati, oppure ancora alle migliaia di libri della biblioteca Manfrediana appiccicati di terra e acqua. Non viene certo dal governo Meloni – incredibilmente afono per quasi dieci giorni, affaccendato in miserie di potere e di propaganda – la speranza. Viene da quei giovani. Malacoda c’è. È un piccolo vascello di passione politica, di cultura e di opposizione alle ingiustizie e a chi le governa.