Il dono: una prestazione sociale totale

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Osservo da spettatrice il ristretto mondo che mi circonda tentando di imparare e di capire come
funziona, per attribuire un senso a tutto ciò che accade. E grande attenzione meritano i rapporti
umani. Dei rapporti ciò che è più illuminante è la ricerca del punto di tangenza che trasforma gli
individui in persone.


A tendere una mano guida nell’intricato mondo delle relazioni, il meraviglioso mondo
dell’antropologia culturale.
Tra tutte le teorie, quella del donare ha più delle altre la funzione di portare la distanza tra due
persone a zero. Le ricerche antropologiche sul dono possono fornire una lente utile per leggere le
dinamiche dei rapporti umani, soprattutto oggi, nel mondo della “fluidità”.


Marcel Mauss, antropologo e sociologo francese, uno dei primi ad aver affrontato il tema, definì il
dono una prestazione sociale totale
(Saggio sul dono,
1924
). Ognuno di noi, instaurato il punto di contatto con l’altra persona, è portato naturalmente a darsi, a
concedersi, a condividere come per osmosi, a colmare uno spazio di confine, una distanza
fisica ed emotiva. Sin dal primo contatto tra due persone si scatena un dualismo di libertà e
obbligo
, e dare e ricevere diventano un gioco, una danza, una curva che sale e scende.

Tutto ciò non basta. Dare e ricevere, contrapposti sulla bilancia, non sono sufficienti. Lo stesso
Mauss ci dice che nelle relazioni, tanto quanto nel mercato, gli scambi si basano sulla
reciprocità.

Per Levi – Strauss è lo scambio che costituisce il fenomeno primitivo. E quando il contatto tra
persone, culture e popoli avviene attraverso il dialogo, lo scambio genera progresso. La struttura
dello scambio, o della reciprocità, preesiste ai singoli atti separati di dare, ricevere.


Il tempo è dono.
Il bene è dono.
Il pensiero è dono.
Il desiderio è dono.
La parola è dono.
I gesti sono dono.


La questione è: cosa succede quando non si è a ricevere?
C’è un periodo di sospensione in cui i livelli di dare e ricevere arrivano al punto zero?
Quanto è possibile ricevere senza dare? Per quanto a lungo?
Quando si rifiuta di ricevere l’altra persona deve smettere di dare? Che fine fa ciò che viene dato
ma non viene preso?

Le Scienze Sociali suggeriscono che la reciprocità è espressione stessa dalla relazione.

Per definizione i comportamenti reciproci sono l’evidenza di un sistema molto
complesso, fatto di gesti e atteggiamenti corporei e schemi emozionali-sensoriali, volto a costruire
significati compatibili, corrisposti.


In tempi più recenti, Jacques T. Godbout ci introduce il concetto di debito positivo o debito
emotivo
, a proposito di quei rapporti in cui si è portati a “dare di più” per il bene di chi si ama.

Non importa in un rapporto quanto si riesca a dare, a tal punto che dare, talvolta, resta un’azione
assoluta, appagante, necessaria.


Esplorare questi temi fornisce una chiave di lettura, una mera interpretazione più che
comprensione.

Indagare le dinamiche del dono: come patto sociale; come l’occasione da non
perdere per abbattere i confini e mettere in dialogo i popoli; come fattore abilitante dello sviluppo
economico e sociale; come leva per l’eliminazione delle disuguaglianze che generano conflitti.


Il dono può essere, oggi, la chiave per dare vita ad un nuovo patto sociale, una sfida per l’umanità
in crisi. Uscire fuori dalla narrazione di “Giusto o Sbagliato” e spostarsi sul piano di cosa
effettivamente sia più vantaggioso, credo sia una strada da percorrere, da battere, favorendo un
dibattito pubblico, ampio e intergenerazionale.


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