28 Ott Ars fragilis, un racconto d’arte
di Edoardo Marcenaro
I broke something and realized I should break something once a week to remind me how fragile life is (Andy Warhol)
Prologo
Nel 1966 la Mars Manufacturing Company produce “Paint – your – own – dress”, un vestito completamente bianco venduto con un set di acquarelli e un pennello.
Andy Warhol viene chiamato a promuovere l’iniziativa e realizza un vestito per Nico, la cantante dei (neonati) Velvet Underground, con una serigrafia della sua opera “FRAGILE” del 1962 sul davanti e la firma “Dalì” sul retro.
Oggi il vestito è esposto al Brooklyn Museum, la foto di Nico che lo indossa è stata stampata sulla versione picture – disc del suo album “All Tomorrow’s Parties”, diventando l’emblema di una fragilità destinata a durare nel tempo o, meglio, per sempre.
Ars fragilis
La scritta “Fragile” può suscitare due diversi stati d’animo: da un lato l’attenzione nel “maneggiare con cura” un oggetto, per non romperlo o danneggiarlo, dall’altro una sorta di rispetto per quello stesso oggetto che, in quanto fragile, deve avere un certo valore, tale da non essere poi tanto fragile.
L’arte potrebbe essere considerata fragile per sé, nel momento stesso in cui si vede un’opera, che sia una performance, un quadro, una scultura, una fotografia o una stampa, e la si dimentica in quello stesso istante. Musei, gallerie, fiere, banchetti dove immagini di opere di qualsiasi forma e natura scorrono senza lasciare alcuna traccia.
Ma un orinatoio rovesciato firmato R. Mutt, una lattina di zuppa Campbell’s, un cappello di feltro o una bambina che tiene in mano un palloncino rosso non si dimenticano, a prescindere da quanto tempo si è passato a osservarli.
In questo senso, l’arte è antifragile, migliora la vita di chi fa arte o si occupa di arte, il proprio modo di pensare, la capacità di cambiare prospettiva, contribuisce ad affrontare e trovare una via d’uscita da qualsiasi situazione.
“L’antifragilità va al di là di resilienza e robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a sé stesso, l’antifragile migliora, ama il caso e l’incertezza, ama l’errore, o perlomeno un certo tipo di errori; possiede la singolare caratteristica di consentirci di affrontare l’ignoto, di fare le cose senza comprenderle e farle bene”.
Due esempi di antifragilità di opere d’arte contemporanea.
Nel 1919 Duchamp acquista una fiala “vuota” da un farmacista di Parigi come souvenir per il suo caro amico mecenate, Walter C. Arensberg.
Una fiala di vetro molto sottile senza nulla dentro con la scritta “Air de Paris”, la più inconsistente “opera d’arte”, emblema della fragilità, specie nel momento in cui nel 1949 la fiala viene accidentalmente rotta per poi essere riparata. Sorge spontanea la domanda: l’aria è ancora di Parigi? Sta di fatto che l’”Air de Paris” è tutt’oggi esposta al Museum of Art di Filadelfia.
La Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, inaugurata a Napoli in piazza del Municipio il 28 giugno 2023, è stata distrutta dopo solo due settimane da un incendio doloso.
“Fragilità e potenza di un’opera in fiamme”, così intitola Helga Marsala il suo articolo su artribune del 13 luglio 2023.
E Michelangelo definisce la sua Venere in fiamme simbolo della nostra società, una “società stracciata e stracciona”, nella quale la cultura può contribuire al cambiamento e l’arte può essere la cura, può portare sollievo.
La Venere degli stracci verrà ricreata a Napoli: una vera e propria rinascita sempre all’insegna della antifragilità dell’arte.
Cinque pezzi antifragili
Performance, pittura, scultura, fotografia, stampa: cinque forme d’arte realizzate da cinque artiste/i con un unico comun denominatore: la fragilità che diventa antifragile.
Perché proprio Barbara, Consuelo, Alessio, Silvia e Marìa Angeles?
Perché prima di essere artisti sono persone che mi raccontano i fatti loro, condividiamo momenti di euforia davanti a una bottiglia di prosecco e momenti di tristezza quando qualcosa nelle nostre vite personali e professionali non va. Al di là dei tempi di frequentazione (in alcuni casi anni, in altri pochi mesi), siamo legati dal più antifragile dei rapporti, l’amicizia vera.
Barbara Lalle
La pratica del kintsugi nasce dall’idea che dall’imperfezione o da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione, estetica e interiore.
Il progetto “Kintsugi” di Barbara nasce intorno al 2013, a valle del suo ciclo pittorico “Ieri ho sofferto il dolore”: nove opere di donne che hanno riportato cicatrici incancellabili, di cui doveva rimanere traccia affinché si trasformassero in “altro”, da cui la tecnica giapponese di riparazione della ceramica con oro o argento liquidi che aiuta a fare tesoro della ricomposizione della ferita, di quello che è stato.
E tale tecnica viene menzionata in psicologia per sottolineare l’importanza della parola durante la terapia, parola che diventa una forma di kintsugi per curare le ferite. Tutto nasce dal dolore, dalla necessità di una riflessione artistica su qualcosa sentito realmente e su cui si ha una vera e propria emergenza di esprimersi.
In tal senso, l’arte è relazione, momento in cui si può creare qualcosa insieme.
E la forma più relazionale di arte è la performance, motivo per cui il progetto Kintsugi dalle nove opere pittoriche diventa una performance: sebbene la guarigione sia un fenomeno individuale, il supporto degli altri è l’elemento fondamentale.
Consuelo Mura
Consuelo è da sempre interessata all’osservazione delle condizioni sociali e alla relazione tra uomo e natura.
Affronta il tema della traduzione pittorica della scultura ponendo al centro delle sue opere statue raffiguranti i miti narrati nelle metamorfosi.
Il mito, come in un caleidoscopio di forza e fragilità, ha la grande capacità di raccontare ieri come oggi le vicende umane.
Psiche, Apollo e Dafne, Venere e Adone per citarne alcune, raccontano il forte ed indissolubile legame d’amore che neppure la morte può dissipare, ma ancor più forte appare il “legame” tra uomo e natura, come “per divina primavera” ad una perdita segue una rinascita.
Mimando la tecnica del kintsugi, Psiche appare riparata ma anche impreziosita, perché la ricerca del suo Amore e le sofferenze che patisce per ritrovarlo la condurranno infine a ri-trovare soprattutto sé stessa in una vera e propria rinascita.
Nel mito Apollo e Dafne, la ninfa, votata alla dea Diana, preferisce invocare di esser trasformata in albero che cedere alla passione di Apollo. Questa metamorfosi è metafora di come la trasformazione e la sua accettazione possano alleviare le sofferenze umane.
La natura, così fragile e forte insieme, è maestra di rinascita continua.
Nel suo ultimo lavoro “Resilientia Naturae”, Consuelo ha operato per sottrazione. Terra, acqua e luce costituiscono il corpo delle opere, elementi essenziali e interdipendenti nell’equilibrio e disequilibrio della vita stessa, nel suo continuo ciclo di perdita e rinascita.
Sulle tele, con una precisa casualità, gli elementi naturali rappresentati dall’artista con il medium della pittura, della sabbia e dell’oro, si uniscono e separano formando geografie immaginarie e immaginifiche.
La trama, tessuta dall’artista sulla tela, è rappresentazione di quel gesto lento, ripetitivo e antico che le donne con sapienza e pazienza riuscivano a trasformare in un vero e proprio atto meditativo, raggiungendo un livello di maggior consapevolezza e di calma interiore.
Il telaio con la sua trama era luogo di parole, racconti e intimità tra madri, figlie e nipoti. Lì si tramandava il sapere antico e si imparava a tessere la vita stessa.
Alessio Deli
Anche Alessio ci dimostra con la sua opera come il mondo fragile di oggi abbia bisogno delle divinità e degli eroi mitologici rappresentati da Consuelo, al di fuori di un qualsivoglia contesto temporale.
Nel 2015 espone le sue sculture in una mostra che ha per titolo “Fragile”, con opere realizzate utilizzando in gran parte materiale di riciclo, vero e proprio esempio di detournement teorizzato dal Situazionismo, da leggersi oggi come invito a fare arte sostenibile all’insegna della circolarità.
Le opere di Alessio sono prevalentemente figure femminili antiche ed eteree, dal volto distante, partendo dal presupposto che Arte, Scultura e Musica in fin dei conti sono tutte Donne: messaggere e portatrici di bellezza, specie se accompagnate da frutti o altre componenti naturali, simbolo di una indissolubile relazione con la natura. Una bellezza e una prosperità che iniziano a riemergere dopo questi tempi grigi, di pandemia e di guerra.
Prima fra tutte la Venere contemporanea, simbolo della rinascita che riemergerà in tutto il suo splendore dalle acque del mare per annunciare un nuovo Rinascimento.
Silvia Sasso
Resilienza non è solo potenza, robustezza, vigore, ma anche accoglienza e accettazione.
La accettazione è forza. Così il portato valoriale della forza si rafforza (un gioco di parole …)? Si, includendo il suo opposto: la fragilità.
La fragilità può addirittura essere letta come un’opportunità: la fragilità aiuta davvero a scoprire chi siamo; ci porta dentro l’io, ma non nel buio, quanto nella luce della conoscenza del sé; ci aiuta ad essere consapevoli dei nostri limiti, scoprendo così l’importanza esistenziale dell’umiltà; ci consente di rivedere le nostre scelte, le nostre decisioni, i nostri obiettivi; è un’opportunità perché ci permette di ri-pensarci e ri-costruirci.
La fragilità va considerata un punto di forza perché è all’origine della comprensione dei bisogni e della nostra verità.E la fragilità è stata oggetto di vari lavori di Silvia. Innanzitutto, il Progetto Uovo, a partire dagli scatti “Maternity” che ci raccontano la fragilità del dare o non poter dare la vita.
L’uovo è il simbolo per antonomasia della vita nella sua valenza quasi cosmica: rappresenta l’unità primordiale dell’essere, la totalità indivisa. Con la sua forma perfetta, senza principio né fine, senza orientamento né direzione viene quindi da sempre associato alla sfera femminile, poiché è dalla donna che nasce la vita.
Marìa Ángeles Vila
Marìa Ángeles dà visibilità a storie e momenti di vita di donne, soprattutto quelle anonime che fanno parte del suo vissuto così come il vissuto di tutti noi, quelle conosciute e non, è un modo per esplorare la complessità umana e promuovere la consapevolezza delle esperienze femminili.
Obiettivo della sua ricerca è contribuire a rompere gli stereotipi di genere, sfidare le convenzioni sociali e offrire una piattaforma per la rappresentazione delle voci femminili spesso trascurate o messe a tacere.
E così nascono le protagoniste dei suoi quadri: sua nonna Amparo, macellaia, sette figli, sua zia casalinga nata nel 1934 che guidava la macchina con sicurezza, sua cugina imprigionata nella sua abitazione, una principessa sfortunata che si è dovuta salvare da sola, niente principe. E ognuno di noi potrebbe avere una figura parte integrante di un’opera di Marìa Ángeles.
Il quadro FRAGIL è popolato di simboli interpretati come una riflessione sulla vita delle donne, che spesso devono affrontare sfide e ostacoli, ma trovano la forza e la saggezza per rigenerarsi e prosperare.
La madre di Maria Ángeles, di nome Rafaela, è ripetuta dodici volte, dodici momenti di superamento, di lotta, di sorellanza, di fragilità e di forza. Una madre che rappresenta la forza, quella fisica, carnale, quella che ha aiutato sua figlia senza saperlo a partorire senza dolore, ad allattare senza dubbi, a prendersi a sua volta cura delle proprie figlie, ad essere madre.
Il lavoro di Marìa Ángeles si basa su queste esperienze di vita, apprendimenti e conoscenze. La saggezza femminile tramandata attraverso le generazioni viene letta come un patrimonio di conoscenze preziose. Le donne hanno una prospettiva unica e una comprensione profonda delle dinamiche relazionali, dell’empatia e dell’intuizione.
Epilogo
Nel 2022 Marìa Ángeles realizza il progetto commissionato da Maria Grazia Chiuri per Christian Dior “La Capitana”, dedicato a Carmen Amaya, una zingara cantante e ballerina di flamenco che ha letteralmente rivoluzionato questa danza con il suo stile carico di energia, ricordandoci da un lato l’effimerità della nostra vita e dall’altro la forza di volontà di trovare una posizione nel mondo fino a diventare una star.
Un’opera di Marìa Ángeles sulla Collezione Dior con sfilata a Siviglia, altro emblema dell’antifragilità, cinquant’anni dopo il vestito realizzato da Andy Warhol per Nico con la sua serigrafia “Fragile”.