ECCHISIETEVOI. Escursioni (e incursioni) fra Parlamento e parlamentari

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di Graziella Falconi, Edizioni All Around, 2023 – recensione a cura di Simona Cigliana

Torna oggi di particolare attualità, dopo svariati mesi dalla sua uscita, l’importante e, sì, anche avvincente libro di Graziella Falconi, ECCHISIETEVOI. Escursioni (e incursioni) fra Parlamento e parlamentari (Roma, All Around Edizioni, 2023), itinerario storico, culturale e in senso alto politico, che attraversa le tappe salienti della nascita della democrazia in Italia: dallo Statuto octroyé del maggio 1848, concesso da Carlo Alberto − che volle essere «Re d’Italia» piuttosto che re degli Italiani −, fino alla Costituzione della Repubblica fondata sulla sovranità del popolo, promulgata nel dicembre del 1947, dopo quasi un anno di confronto tra le diverse correnti dei partiti, in continuità con quei princìpi di costituzionalismo liberaldemocratico perseguiti già dal Risorgimento.

Non sembri eccessiva la qualifica di “avvincente” a proposito di un volume che affronta, in un preciso e minuzioso excursus, le alterne vicende del contrastato affermarsi della democrazia, ricostruendo i momenti salienti dell’evoluzione del Parlamento dell’Italia unita e addentrandosi, talvolta, anche in dettagli tecnici. Lo studio della Falconi, infatti, pur senza niente sacrificare al rigore scientifico, ha il pregio di affrontare problematiche cruciali per la comprensione del funzionamento e dei passaggi legislativi che hanno portato alle odierne Camere di rappresentanza con ponderata leggerezza, «da lettore a lettore», senza tralasciare gli aspetti più curiosi e meno noti della loro storia, «attraverso una narrazione arricchita da esempi, citazioni illustri e aneddoti reali – le “escursioni (ed incursioni)“ del sottotitolo», come è stato notato. Un’opera di alta divulgazione e di piacevole lettura, non convenzionale sin dal titolo, che si richiama a una pagina di Italo Calvino (tratta da Il cavaliere inesistente), dove, narrando di Carlo Magno e dei suoi paladini in guerra contro i Mori, si spiega indirettamente l’origine del termine “parlement”: luogo in cui i difensori dello Stato si riuniscono a consiglio per arrivare a deliberazioni condivise.

Il lavoro di Falconi, inoltre, da lungo tempo impegnata in battaglie sui temi della democrazia, della formazione politica, della storia delle donne e dell’emancipazione femminile, nasce in un’ottica militante e, soprattutto, di servizio (come si diceva una volta): animato, da una parte, dall’ambizione di fornire al cittadino − spesso poco informato, a disagio nel misurarsi con i meccanismi istituzionali e altrettanto spesso poco formato alla partecipazione −, un contributo concreto alla comprensione dell’ordinamento democratico e del suo stato di salute in questo Paese; dall’altra, forte del desiderio di opporsi non solo al disinteresse di molti, ma soprattutto al discredito che, tra scandali, trasformismi, instabilità di indirizzi, decreti, emendamenti, ricorso al voto di fiducia, ha investito gran parte della classe politica odierna e, come per un contraccolpo irriflesso, le stesse istituzioni repubblicane: una reazione antipolitica che l’ondata populista ha negli ultimi anni cavalcato, quasi avallando una diffusa quanto acritica sfiducia negli organismi dello Stato. Un danno profondo, dunque, di cui è spia anche il crescente astensionismo, e che mette a rischio la tenuta stessa dell’apparato di garanzie messo a punto dai padri costituenti.

L’attuale profilarsi di condizioni in questo senso non rassicuranti, conferisce alle pagine di Falconi − asciutte ma scorrevoli, acute ma non pedanti, capaci di coniugare lo scrupolo della ricerca con la chiarezza dell’esposizione −, un senso di urgenza e il tono di una appassionata requisitoria in difesa della democrazia e del suo architrave portante: il Parlamento, le cui funzioni sono state in troppe occasioni, a più riprese, al centro di tentativi o operazioni di ridimensionamento e delegittimazione, e ancora oggi lo sono. Vedansi, ad esempio, il recente taglio del numero dei parlamentari (avvenuto senza la approvazione di una correlata legge elettorale), ma anche, in particolare, le ultime campagne a favore del presidenzialismo o del cosiddetto “premierato”, invocato da qualcuno, con un’espressione che incute spavento, gravida di possibili implicazioni a venire, come «la madre di tutte le riforme».

Con argomentazioni simili a quelle apportate a sostegno del premierato, sono state nel corso dei decenni avanzate numerose proposte di riforme costituzionali – riguardanti in particolar modo le leggi elettorali, dalla “Legge truffa” del 1953, al “Porcellum” e all’”Italicum” −, alle cui implicazioni, lesive del diritto di rappresentanza dei cittadini, Falconi dedica un intero capitolo, l’ultimo, “Carta vince carta perde”, denso, come si diceva, di notizie utili a illuminare, anche per i non addetti ai lavori, le ricadute nefaste di tante iniziative periodicamente presentate all’opinione pubblica come rimedio alle “malattie” congenite da cui sarebbe afflitto il sistema parlamentare, in particolare all’instabilità dei governo e alle lungaggini procedurali.

Ma il sistema parlamentare, come ben sottolinea l’Autrice, così come è edificato e previsto della nostra Costituzione, è una costruzione delicata e complessa, dove Parlamento e governo devono collaborare in autonomia, ciascuno nella pienezza e nella separatezza delle proprie funzioni. Se rafforzare la governabilità implica aumentare la possibilità di fare pressione sugli eletti, il Parlamento ne risulta sminuito e delegittimato, tanto dal punto di vista della rappresentatività quanto da quello della responsabilità decisionale: ciò che confligge con uno dei princìpi basilari del dispositivo costituzionale, quello della separazione dei poteri, minato il quale, il ruolo di supervisione e controllo che il Parlamento è deputato a esercitare si trova ridotto e come mortificato.

Il nostro Paese, d’altronde, non è il solo che faccia i conti con la crisi della democrazia, pagando, ugualmente a molti altri Stati a base parlamentare, lo scotto di un accelerato mutamento da transizione epocale. Globalizzazione dei processi e delle relazioni, avvicendamento tecnologico e tecnocrazia, crescita di articolazione degli enti, degli organi e delle funzioni, anche nelle organizzazioni internazionali; alterazione dei millenari equilibri tra Oriente e Occidente, tra nord e sud del mondo; imponenti flussi migratori, cambiamento climatico, necessità di rinnovamento delle fonti energetiche, pandemie : sono rivoluzioni planetarie che creano ulteriori dissesti, nuove povertà ed emergenze ineludibili.

La situazione, forse anche più che in passato, richiede a coloro che sono chiamati a gestirla serietà di intenti, ampie e profonde competenze, chiarezza di disegno politico e lungimiranza: qualità che dovrebbero risiede nella persona degli eletti, i quali non sempre, purtroppo, sono pari al compito. Ma il Parlamento non è il governo e le sue principali prerogative consistono e devono consistere nel garantire la rappresentanza, nel difendere lo Stato, nel promuovere e difendere i diritti e le libertà dei cittadini.

Lo ricordava, tra gli altri, Antonio Labriola, nel 1923, in un’ora cruciale in cui il Partito Nazionale Fascista si accingeva a cambiare a proprio favore gli equilibri elettorali: «Vi è una gerarchia di poteri e di responsabilità che non vanno mescolate. Gli elettori nominano i deputati e  i deputati nominano il Governo […]. Il quesito della stabilità del Governo riguarda il Parlamento e non gli elettori […]. Una buona legge elettorale non deve risolvere che un solo quesito: ottenere una leale rappresentanza degli elettori. Il problema della stabilità del Governo dipende dal realizzarsi di due condizioni: 1) la realizzata tranquillità del paese; 2) le attitudini del Governo. Se il paese è tranquillo, il Governo potrà essere stabile; ma per esserlo veramente, dovrà essere anche un governo capace. Un Governo d’incapaci non sarà mai stabile».

D’altronde, come Falconi ribadisce citando Matteotti, se il Parlamento sembra avere molti difetti è soprattutto perché essi sono manifesti, pubblici e controllabili, e perché un ordinamento caratterizzato dal pluralismo, dalla libertà di associazione e di espressione, quale è il nostro, è più di altri incline a svelare le proprie interne contraddizioni e a mettersi in discussione, offrendo così argomenti ai propri detrattori.

Tutto ciò è esposto principalmente nella terza parte di ECCHISIETEVOI. Se il taglio del primo capitolo è a prevalenza storica e riguarda le vicende statutarie e costituzionali dell’Italia monarchica, dal 1848 alla caduta del fascismo, l’ultimo è infatti volto soprattutto a fornire al lettore gli strumenti per districarsi nel dibattito attuale e, in puntuale ordine cronologico, passa in rassegna le fasi delle controversie sulla Costituzione e sulle sue possibili revisioni avviatesi già pochi anni dopo la sua entrata in vigore.

Un rilievo speciale, centrale nell’architettura anche ideale del volume, riveste tra gli altri il secondo capitolo, intitolato “Costruzione della libertà”, dove, passando dal fascismo alla liberazione, dai Comitati di liberazione nazionali ai congressi dei partiti e alla rinascita dei sindacati, si ripercorrono e approfondiscono i momenti decisivi  del percorso che il nostro Paese ha compiuto per diventare una Repubblica democratica, indivisibile e parlamentare: Falconi rievoca l’opera della Consulta nazionale, che traghettò l’Italia fino al referendum e alle elezioni del 2 giugno 1946, facendo in tempo, in meno di nove mesi, a predisporre la consultazione popolare e a ratificare la legge che ammetteva, per la prima volta in Italia, la votazione a suffragio universale, maschile e femminile; rammenta  il delicato compito di mediazione affidato ai membri dell’Assemblea Costituente, rappresentanti di una pluralità di opinioni talvolta trasversale agli stessi partiti, e il loro impegno nella definizione e nella organizzazione della libertà, tra luci e ombre, ma con la guida di un altissimo senso dello Stato; si sofferma, in particolare, sulla attività della seconda Sottocommissione della Costituente, presieduta da Umberto Terracini, che si occupò della progettazione costituzionale, affrontando e dirimendo alcune essenziali questioni di principio, quali, appunto, la scelta tra sistema presidenziale e parlamentare, quindi tra bicameralismo e monocameralismo; tra centralismo e stato decentrato, tra federalismo e  regionalismo.

Dei pronunciamenti, discorsi e dibattiti dei protagonisti di quei giorni, l’autrice ci presenta qui una ampia antologia di estratti, affascinanti documenti che vibrano di passione civile, dai quali si evince come le battaglie per la costituzione siano state battaglie per la civilizzazione: per il riconoscimento e la difesa di diritti che fondano la persona umana, uomo e donna, nella pienezza del loro essere individui e delle loro relazioni sociali e politiche.

«Se non riusciamo a catturare i nostri momenti di vita e a trasformarli in riflessione storica – ha dichiarato Falconi nel corso di una intervista rilasciata per la presentazione di questo suo libro – qualche cosa viene meno nella vita collettiva. La vita civile è fatta di memoria e storia: raccontare la storia è un impegno civile».

Rendere la storia delle conquiste della democrazia un patrimonio di tutti, fondamento della coscienza civica di ognuno, è  l’obiettivo basilare di ECCHISIETEVOI, insieme con l’avvertimento che l’organismo democratico è un insieme interrelato di strumenti e garanzie in cui ogni modifica ha significative ricadute su tutti gli elementi. Ne deriva il monito che educare alla democrazia, far conoscere in profondità il suo significato, il suo funzionamento, le sue prerogative deve essere una missione prioritaria per le sue stesse istituzioni, anzi tutto per la scuola, perché costituisce il miglior anticorpo per ogni tentazione autoritaria.

Come anche è questo libro di Graziella Falconi, la cui lettura non solo offre preziosi spunti di meditazione su temi e insegnamenti da applicare ancor oggi, non solo fornisce una valida fonte cui attingere per qualsiasi cittadino che voglia misurarsi con il dibattito pubblico e partecipare con cognizione di causa alle polemiche in corso, ma anche, soprattutto, costituisce un vivificante tonico contro il disincanto, l’indifferenza e lo scetticismo oggi purtroppo inalberati, per inconsapevolezza, per ignoranza o per torbidi fini, da taluni ambiti della società, dell’informazione e della stampa.

                                                                                                                                          


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