Elogio di Caino

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La “cattiveria”, nelle sue origini, è la prigionia. Il “captivus” latino è il prigioniero di guerra, fatto schiavo. Il contrario della cattiveria, com’è stato osservato, non è la bontà, ma la libertà. Il cattivo, nell’antica Roma, era il “malus”, contrario del “bonus”. La cattiveria il “malum”. Dovremmo quindi discutere del male, non della cattiveria. Solo all’inizio del Medioevo, a fronte della fine di una sicurezza collettiva non più garantita dopo il disgregarsi delle istituzioni romane e imperiali, la violenza sistematica e predatoria nei confronti di popolazioni indifese ha portato ad una metamorfosi del significato della parola “cattiveria”. I prigionieri erano gli autori di quelle violenze e di quelle scorribande.

Caino non è il male, è cattivo. Prigioniero di una relazione distorta con Dio e col suo eletto Abele, assassino fratricida, destinato a cercare pentimento, perdono e redenzione. William Shakespeare, nell’Amleto, usa il paragone con Caino quando Amleto, alla sepoltura di Ofelia, vede un becchino scaraventare a terra un teschio trovato scavando:

“Quel teschio anch’esso un tempo ebbe una lingua,
e poteva cantare; e vedi adesso come quel marrano lo scaraventa a terra, manco fosse l’osso della mascella di Caino, che fu il primo assassino”.
“Il primo assassino”. La Bibbia è ancora il Canone dell’Occidente.

Andrea Camilleri, nella sua appassionata “Autodifesa di Caino”, fa dire all’assassino di Abele, che guarda il cadavere del fratello: “Mentre lo guardavo mi sentii assalire da un senso di colpa. Ma perché? Da nessuna parte stava scritto che non bisognava uccidere. La voce del Signore non aveva ancora proclamato “Non ammazzare”. Ma io sapevo dentro di me che ero colpevole”. Ci dice, lo scrittore siciliano, che ci sono leggi morali intrinseche alla vita umana, prima che esse vengano codificate da una religione o dal diritto. E’ in quel momento che Caino, prendendo esempio da un corvo nero che scavava una buca per seppellire un suo simile morto, inizia la sepoltura del suo fratello. Ma la Terra rifiuta la sepoltura, per più di quaranta giorni e quaranta notti, finché finalmente un lembo di terra, più amico, la accetta. Compare davanti a Caino il Signore, egli chiede il pentimento. Caino prima nega, e poi balbetta. “Questo finché vivrà il mondo sarà l’impegno dell’uomo – fa dire Camilleri al Signore –: fare le giuste scelte”. E poi ancora: “Tu stai tremando, e così sarà fino alla fine dei tuoi giorni. E anche la Terra sulla quale poserai i piedi tremerà”. La pena sarà di andare “ramingo e fuggiasco per il mondo”. Ma Caino non potrà essere ucciso, per decisione di Dio. “Nessuno tocchi Caino… vivere per l’eternità sulla terra è il male peggiore che possa capitare”.

Giordano Bruno, ricorda lo scrittore siciliano, prese le difese di Caino. “Cain fu homo da bene e che meritatamente uccise Abel suo fratello, perché era un tristo e carnefice d’animali”. Ma Caino, simbolo della cattiveria, è il primo fondatore di una città, proprio nel luogo in cui Abele aveva trovato finalmente sepoltura. La città si chiamò Enoch, col nome del primo figlio di Caino. E poi l’assassino inventò un sistema di pesi e di misure, per dare certezza al baratto e allo scambio, e inventò la moneta. E poi, con Ezechiele, scoprì la lavorazione del ferro col fuoco. E ancora i luoghi di culto. Caino comincia a “creare – conclude Camilleri – le basi della società moderna, quella che sarebbe diventata la Civiltà dell’Uomo”.

Andrea Pisano a Firenze rappresenta nella Torre di Santa Maria del Fiore le invenzioni di Caino.

Non sempre, quindi, dal bene nasce altro bene, e non sempre il male genera altro male. Senza il male il bene non esisterebbe. Ce lo ricorda, radicalmente, Fabrizio de André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

La nostra Costituzione fa sua questa convinzione, nell’art. 27, comma 3: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La pena di morte è un sistema di fratricidio, di assassinio di stato, non è mai una condanna legittima. 

E’ quindi la rappresentazione del male come un assoluto – che per esempio Hollywood ha fatto potentemente, e che nel nostro tempo dilaga da ogni parte, dall’“Impero del male” della propaganda USA all’epoca della Guerra fredda alla rappresentazione della civiltà occidentale da parte del fondamentalismo islamico come un cancro da estirpare –, senza possibilità di redenzione, che va contro il senso più profondo della lezione della Bibbia e di ogni cultura della misericordia. E’ vero che, tornando al carcere, l’idea segregativa (“buttare la chiave”) contrasta col dettato costituzionale e coi fondamenti del diritto universale. Tutti si possono redimere e riscattare, anche il poeta che cerca, come scriveva Charles Baudelaire, “i fiori del male”, e che si perde. 

Il bene può nascere dal male, che prende consapevolezza del suo errore, e della necessità di un cambiamento.

Caino dal suo tremendo delitto indica la strada di un riscatto, che può avvenire, come il Signore gli dice, facendo le scelte giuste. 

Giuseppe Ungaretti ha scritto dei versi potenti, nella sua lirica “Caino”:

Corre sopra le sabbie favolose
e il suo piede è leggero.
O pastore di lupi,
hai i denti della luce breve
che punge i nostri giorni.
Terrori, slanci,
rantolo di foreste, quella mano
che spezza come nulla vecchie querci,
sei fatto a immagine del cuore.
E quando è l’ora molto buia,
il corpo allegro
sei tu fra gli alberi incantati?
E mentre scoppio di brama,
cambia il tempo, t’aggiri ombroso,
col mio passo mi fuggi.
Come una fonte nell’ombra, dormire!
Quando la mattina è ancora segreta,
saresti accolta, anima,
da un’onda riposata.
Anima, non saprò mai calmarti?
Mai non vedrò nella notte del sangue?
Figlia indiscreta della noia,
memoria, memoria incessante,
le nuvole della tua polvere,
non c’è vento che se le porti via?
Gli occhi mi tornerebbero innocenti,
vedrei la primavera eterna
e, finalmente nuova,
o memoria, saresti onesta. 

L’anima saprà calmarsi, e la memoria sarà onesta, se capiremo questa lezione.


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